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Marrakech la città rosa

Pochi giorni di viaggio consentono di conoscere appena un luogo e le persone che vi abitano, eppure Marrakech arriva forte al cuore.

Le persone che vi abitano hanno profondi occhi scuri ed un piacevole sorriso.

Immersi nella città, si viene travolti dalla piazza principale nella Medina Jemaa el Fna e dai Souk (in arabo سوق‎) mercati organizzati in corporazioni. Rivelano l’anima del Marocco. Diventa difficile non perdersi nelle vie della Medina e scoprire che il tempo è fermo, almeno, paragonato al vivere contemporaneo.

Nei souk (o suq) c’è una miscellanea di classi e condizioni sociali. Commercianti, contadini, senzatetto, famiglie bambini, anziani un flusso nelle vie come il sangue nelle vene.

I souk oltre ad essere mercati, sembrano delle assemblee generali della città, dove ci si incontra in ogni ora, per bere il thè alla menta. Il tè alla menta (in arabo شاي بالنعناع, shāy bi-l-naʿnāʿ) è un infuso su foglie di tè verde e menta, accompagnato da molto zucchero, che viene servito schiumato per vaporizzare il profumo.

Considerata la bevanda dell’ospitalità e rifiutarlo è considerato un gesto scortese.

Il thè fece la sua prima comparsa in Marocco durante il regno di Mulay Ismāʿīl. Si trattava di un dono della regina Anna di Gran Bretagna in segno di riconoscenza verso il sultano che aveva rilasciato un gruppo di prigionieri britannici.

Nel Riad è stata la prima cosa offerta e ad ogni incrocio e a seguire ad ogni nuova conoscenza con una persona, il segno di incontro, amicizia e di accoglienza è stato il dono di un thè.

Soggiornare in un Riad equivale ad abitare per qualche giorno in antichissime abitazioni tradizionali urbane del Marocco. Sono una miscellanea culturale in quanto l’ispirazione iniziale risale alle domus romane poi la più forte influenza delle abitazioni arabo-andaluse, hanno dato vita a strutture a più piani, con stanze completamente chiuse verso l’esterno della città e che affacciano su giardini interni e cortili con fontane.

Al centro della Medina, si può visitare il Palazzo El Bahia una delle opere architettoniche più importanti di Marrakech, con all’interno mosaici, intagli su legno ed i giardini arabi capaci di termo regolarore i cortili interni.

Il giardino arabo islamico può come un hortus conclusus che definisce l’ordine interno e mantiene al suo esterno il disordine ed il caos.

Il Museo Dar Si Said (museo dell’Arte Marocchina) con tappeti, strumenti e macchine per la lavorazione artigianali, con una carrellata di colori ed espressioni.

Dal minareto della moschea di Marrakech, la voce del muezzin si propaga come una nenia nella città rosa, un profondo richiamo alla preghiera, l’adhān (in arabo: أَذَان‎) per le cinque preghiere musulmane giornaliere.

Un pò al di là della Medina, si può fare un tuffo nel blu Majorelle che ha stregato Yves Saint Laurent. Il colore fra l’oltremare e il cobalto, fu creato dal pittore francese Jacques Majorelle, amante della botanica che diede vita ad un incredibile giardino tropicale, poco lontano dalle mura della città vecchia di Marrakech, acquistata poi da Yves Saint Laurent.

L’artista orientalista francese Jacques Majorelle iniziò a piantare e curare lo spazio nel 1923. Negli anni ’30, una villa cubista progettata dall’architetto francese Paul Sinoir, fu costruita tra le piante. Il vivido blu cobalto e i gialli spiccano e completano la vita vegetale, che comprende bouganville, nasturzi arancioni, gerani rosa, boschetti di bambù, cactus, palme da dattero e piscine coperte di gigli.

Negli anni ’80 la proprietà fu acquistata dagli stilisti Yves Saint-Laurent e Pierre Bergé. Il giardino è aperto al pubblico per assaporare questa oasi urbana.

Di Marrakech YSL diceva: “questa città mi ha insegnato cosa sono i colori e ho abbracciato la sua luce, i suoi sfacciati contrasti e le sue intense invenzioni”. Queste sensazioni lì si respirano.

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