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packaging: l’anticamera del gusto?

Il Packaging come anticamera estetica ed etica del gusto?

Il confezionamento del cibo nasceva come (e rappresentava) un modo per contenere il cibo, conservarlo, proteggerlo e trasportarlo in giro. La confezione ebbe origini nel diciottesimo secolo quando la Rivoluzione Industriale introdusse massicci cambiamenti nell’industria manifatturiera e così l’esigenza di conservare, proteggere e poi come ultimo rendere differente il prodotto (anche alimentare). Si svilupparono così scatole di metallo (la latta) in sostituzione del cartone per cose come biscotti o pasticceria.

Poi con la rivoluzione sociale agli inizi del ventesimo secolo si ebbe la necessità di poter vestire a propria immagine in ragione dell’orientamento dei diversi movimenti estetici.

E poi l’etica.

Andy Warhol rappresentò la società americana ed il suo grande livellamento. Il bello degli americani come Warhol osservava è che mangiano tutti le stesse cose come le Campbell’s Soup, dal presidente degli Stati Uniti al barbone che è seduto ad un angolo di strada. Era quella “american way of life” in cui l’uguaglianza veniva realizzata in una società, consentendo uguali possibilità per tutti.

Oggi il “vestito del cibo” cerca un dialogo con il consumatore, un rapporto emozionale, esprime carattere distintivo per l’oggetto prodotto, crea personalità e gli consente di esser scelto.

Animato, quasi come una impersonificazione.

Il packaging con il suo aspetto, colore, forma e tattilità consentono la trasmissione emozionale ed il dialogo. Attraverso la grafica il racconto della storia del prodotto, attraverso i materiali (qualche volta eco) toccano la sensibilità dell’acquirente.

Un libro interessante sull’eco packaging.

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